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Gli uomini, rispetto alle donne, spesso tendono a trascurare i segnali del proprio corpo e a rimandare i controlli medici. Il segnalato è relativo ad uno studio danese ma le stesse considerazioni valgono per tutti i paesi europei (e probabilmente per tutto l’occidente). Questo atteggiamento contribuisce a rendere alcune patologie più pericolose nella popolazione maschile.
Malattie cardiovascolari: un pericolo spesso sottovalutato
Le patologie cardiovascolari continuano a figurare fra le principali cause di decesso negli uomini. Stando ai dati il rischio di incorrere in eventi quali infarto e ictus comincia a crescere sensibilmente già intorno ai 40 anni.
Perché gli uomini risultano più esposti?
Due fattori si combinano nel determinare questa vulnerabilità: uno di natura biologica, l’altro legato alle abitudini di vita.
Differenze ormonali
La protezione cardiovascolare garantita dagli estrogeni nelle donne è assente negli uomini, i quali presentano invece una maggiore concentrazione di testosterone. Pur essendo indispensabile, questo ormone è correlato a un aumento della pressione arteriosa e del colesterolo LDL.
Stili di vita meno salutari
Consumo di tabacco, abuso di alcol, dieta ricca di grassi saturi e sedentarietà compaiono con maggiore frequenza nel sesso maschile, aggravando il rischio cardiovascolare.
La prevenzione come prima linea di difesa
Un orientamento preventivo potrebbe evitare migliaia di decessi ogni anno. Ecco le principali raccomandazioni per la pratica clinica:
- Screening periodici – monitorare pressione arteriosa, colesterolemia e glicemia, soprattutto dopo i 35 anni.
- Educazione alimentare – incentivare l’adozione della dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura e grassi insaturi.
- Attività fisica costante – almeno 150 minuti settimanali di esercizio aerobico a intensità moderata.
Innovazioni e terapie emergenti
L’evoluzione tecnologica ha rivoluzionato il monitoraggio della salute cardiovascolare: dispositivi indossabili come gli smartwatch dotati di ECG consentono oggi di individuare in tempo reale aritmie potenzialmente pericolose. Sul fronte farmacologico, le molecole di nuova generazione – ad esempio gli inibitori di PCSK9 – hanno dimostrato un notevole potere nel ridurre i livelli di colesterolo LDL.
Cancro alla prostata: un nemico silenzioso ma affrontabile
Il carcinoma prostatico rappresenta il tumore più diagnosticato negli uomini oltre i cinquant’anni e, non a caso, viene spesso definito “silenzioso”: nelle fasi iniziali tende a procedere senza avvisaglie, rendendo difficile accorgersene senza controlli specifici.
Ciò fa dello screening un alleato indispensabile: la determinazione del PSA (antigene prostatico specifico) nel sangue, affiancata all’esplorazione rettale digitale e, quando indicato, all’imaging multiparametrico della prostata, permette di individuare lesioni ancora piccole e potenzialmente curabili con terapie mirate e meno invasive.
Gli elementi di rischio riconosciuti sono molteplici. In primo luogo, l’età: l’incidenza aumenta in modo esponenziale dopo i cinquant’anni e raggiunge il picco fra i 65 e i 74 anni, età in cui la maggior parte delle diagnosi viene posta.
A ciò si aggiunge il patrimonio genetico: avere un padre, un fratello o uno zio colpiti da carcinoma prostatico quasi raddoppia la probabilità di sviluppare a propria volta la malattia, con un’anticipazione dell’esordio clinico rispetto alla popolazione generale.
Anche la componente etnica riveste un ruolo: gli uomini di origine africana presentano una forma di tumore spesso più aggressiva, mentre gli asiatici sembrano relativamente protetti.
Lo stile di vita gioca infine un ruolo essenziale nella modulazione del rischio.
Una dieta ricca di grassi saturi e carni rosse associate a un apporto insufficiente di fibre, frutta e verdura può favorire la trasformazione neoplastica delle cellule prostatiche. Al contrario, un regime alimentare di tipo mediterraneo, con abbondanza di ortaggi, legumi, cereali integrali, pesce azzurro e olio d’oliva, mostra effetti protettivi. Sedentarietà e sovrappeso aumentano l’infiammazione sistemica e la resistenza insulinica, favorendo processi proliferativi; è quindi consigliabile praticare regolarmente attività fisica aerobica o di resistenza adattata all’età.
Dallo screening alla diagnosi
Il dosaggio del PSA resta il cardine del controllo, sebbene non sia esente da falsi positivi e rischi di sovradiagnosi. L’impiego sempre più diffuso della risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI) fornisce un quadro più accurato prima di procedere a eventuale biopsia.
Trattamenti su misura
Sorveglianza attiva per tumori a basso rischio.
Chirurgia o radioterapia in lesioni localizzate ma più aggressive.
Terapia ormonale, chemioterapia o immunoterapia nei casi avanzati.
Le più recenti ricerche sull’immunoterapia stanno aprendo prospettive promettenti per interventi meno invasivi e più efficaci.
Conclusioni
La salute maschile richiede una strategia integrata che combini prevenzione, diagnosi precoce e cure personalizzate. Promuovere stili di vita sani e incoraggiare controlli regolari deve rimanere una priorità per i professionisti sanitari. Le tecnologie moderne semplificano il monitoraggio, ma la chiave del successo risiede in una comunicazione empatica e chiara con il paziente.
Approfondimenti
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Referenze
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